Al call center patti chiari e parola ai lavoratori

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Al call center patti chiari e parola ai lavoratori

Nuovi orari a menu, flessibilità e responsabilizzazione dei team alla Call&Call
17 maggio 2017
Tempo di lettura: 4 min.
“A ciascuno il suo” è un principio importante nella definizione degli orari di lavoro, ma alla prova dei fatti può creare caos, inefficienze e malumori. Una situazione affrontata alla Call & Call, dove bisognava riorganizzare con chiarezza turni e flessibilità, adeguandoli alle sfide del mercato e modulandoli sulle diverse esigenze dei dipendenti, con una parola d’ordine: partecipazione. Perché alla fine sono i team a decidere, anche in caso di imprevisto.

Il contesto

Il gruppo Call & Call è tra i principali operatori italiani di call e contact center, opera nel settore del full outsourcing dei servizi per le aziende e recentemente ha esteso la sua offerta anche a servizi di digitalizzazione, logistica documentale e soluzioni online. Nel 2013 aveva circa 2700 dipendenti ed era organizzato in una holding cui fanno capo sei società operative con sedi a Cinisello Balsamo (Mi), La Spezia, Roma, Locri (Rc), Casarano (Le) e Pistoia.

La sede di Casarano, dove è stato realizzato il laboratorio del progetto LaFemme, gestiva i servizi di customer care di una delle principali realtà italiane del settore dell’energia e coordinava a distanza le attività della sede di Locri.  Nel corso della sperimentazione, con l’arrivo di nuove commesse, i dipendenti sono saliti a 450, divisi in 20 team tra le 22 e le 25 unità, con elevata presenza femminile, età media tra i 35 e i 37 anni e livello di istruzione medio-alto.

In fase di avvio, la personalizzazione degli orari aveva consentito a ogni dipendente di avere un proprio schema di turno, ma a lungo andare questo aveva portato a un’eccessiva frammentazione, che produceva confusione gestionale e senso di iniquità. I lavoratori si consideravano divisi tra turni più o meno convenienti (“quelli della mattina”, “quelli del pomeriggio”).

All’avvio della sperimentazione, l’azienda ha espresso la necessità di aumentare la flessibilità e semplificare l’organizzazione, ridefinendo un insieme di regole trasparenti e condivise, ma anche responsabilizzando i team di lavoro. Regole più chiare e più eque erano anche un’esigenza dei lavoratori, che volevano conoscere in anticipo le fasce orarie bloccate e quelle variabili, oltre che avere a disposizione strumenti di conciliazione e leve per gestire le emergenze familiari.

Le misure

Dopo un’analisi della situazione, incontri con il management e interviste a team leader e gruppi di operatori, i consulenti del progetto LaFemme hanno proposto all’azienda un paniere di soluzioni con livelli di complessità e flessibilità crescenti. Si andava dalla più elementare possibilità di far esprimere ai lavoratori un menu minimo di preferenze all’individuazione di figure socio-temporali con esigenze omogenee (es. mamme con figli piccoli o giovani single) alle quali offrire determinati orari e livelli di flessibilità, fino alla definizione di un menu di regole con delega al team.

Secondo quest’ultima proposta, dalla quale l’azienda ha deciso di partire, si stabiliscono regole condivise e comuni di gestione della flessibilità, ma quando si presentano esigenze impreviste sul breve termine è il team leader a far scattare le diverse soluzioni dopo aver consultato il team.

In accordo con la RSU, Call & Call ha deciso che ogni operatore potrà effettuare fino a 5 cambi turni al mese alla pari con colleghi che hanno lo stesso monte ore giornaliero. In ogni team potrà poi esserci un cambio turno libero al giorno, sotto il controllo e la direzione del leader. È stato inoltre creato un turno fisso protetto del mattino per le mamme (o i padri vedovi o con affidamento esclusivo) con figli fino a due anni di età, le categorie protette, gli studenti e coloro che svolgono un secondo lavoro. Queste categorie possono comunque optare per il turno fisso serale o per gli altri turni a rotazione. I team dei turni fissi che non raggiungono le 25 unità sono integrati da volontari.

I risultati

Grazie ad orari più flessibili e a menù con regole chiare e condivise, l’azienda può gestire meglio il personale in base alle esigenze produttive e per i dipendenti è più facile conciliare vita e lavoro. È stata così superata l’eccessiva personalizzazione e frammentazione iniziale.

Riservare il turno fisso del mattino a chi oggettivamente ne ha più bisogno ha migliorato la percezione di equità. Un modo anche per contrastare presunti favoritismi legati, ad esempio, all’anzianità in azienda (gli “orari migliori”, già scelti da altri, risultavano preclusi agli ultimi arrivati).

Il coinvolgimento dei lavoratori ha aumentato la consapevolezza dei meccanismi di pianificazione degli orari. Inoltre, delegare ai team e ai loro leader la gestione della flessibilità nelle emergenze ha responsabilizzato i lavoratori ed evitato che subissero decisioni calate dall’alto che ne ignorassero le esigenze e impedissero loro di trovare, proporre e mettere in atto soluzioni migliori.

 [Esperienza realizzata dal progetto LaFemMe nel 2013]

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