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Industria 4.0, Calabrò (Mise): "Così accompagniamo l’innovazione"
Nel Piano del governo, incentivi, sviluppo delle competenze e servizi alle aziende. "Le macchine non sostituiranno l’uomo"
15 maggio 2017

Agevolazioni fiscali per chi investe in innovazione tecnologica e ricerca, formazione a tutti i livelli per creare nuove competenze, centri d’eccellenza pronti ad affiancare le aziende...  Il Piano Industria 4.0 messo in campo dal governo agisce su più fronti, ma con un unico obiettivo: traghettare il nostro sistema produttivo nella Quarta Rivoluzione Industriale. Equipeonline.it ne ha parlato con Marco Calabrò, dirigente del Ministero per lo Sviluppo Economico.

Marco Calabrò (Ministero dello Sviluppo Economico)

Come avete tarato il Piano Industria 4.0 sulle specificità italiane?

“L’abbiamo tarato sull’idea di una struttura produttiva italiana che è molto caratterizzata da piccola e media dimensione. C’era una necessità di portare l’innovazione in generale e, in particolare, l’innovazione tecnologica, in tutti i settori, in tutte le imprese. Per cui ci siamo focalizzati su misure orizzontali, che non sono specifiche per singoli settori o per singole tecnologie e facilitano l’accesso ai fattori abilitanti delle imprese per avviare il processo di trasformazione”.

L’innovazione è ovviamente un percorso senza fine, ma vi siete posti obiettivi intermedi? Come sta andando?

“Il piano dà il kick off a questo processo e ha una serie di misure specifiche, a ognuna delle quali è associato un obiettivo entro un certo arco temporale. Non siamo ancora in grado di dire con certezza come sta andando, perché essendo misure di agevolazione fiscale dipendono dalla dichiarazione dei redditi. Abbiamo però già monitorato indicatori che possono essere anticipatori o proxy di questi fenomeni e la risposta del mondo imprenditoriale ci sembra molto in linea con i nostri obiettivi. Obiettivi ambiziosi, che puntano ad incrementare di 10 miliardi gli investimenti delle imprese nel corso del 2017 e di aumentare di quasi 13 miliardi le spese per Ricerca e Sviluppo da qui al 2020”.

Entrando nel dettaglio delle misure, come stimolate gli investimenti in innovazione tecnologica?

“Principalmente attraverso due misure: super ammortamento e iper ammortamento. Il primo è la proroga di uno strumento in vigore già lo scorso anno, che prevede una supervalutazione del 140 per cento degli investimenti in beni macchinari. È un’agevolazione su un’ampia platea di beni, l’obiettivo principale è ammodernare i processi produttivi dell’impresa e quindi dare una prima risposta all’obsolescenza dei macchinari, che oggi in Italia è eccessivamente elevata sia rispetto ai competitor internazionali che rispetto alla nostra storia passata”.

E l’iper ammortamento?

“È la misura nuova sulla quale puntiamo per un’ulteriore avanzamento tecnologico. Prevede una supervalutazione ancora più forte, del 250 per cento, per macchinari che hanno caratteristiche tecnologiche particolarmente avanzate. Tra vari requisiti, devono avere anche quello dell’interconnessione, un aspetto importante: in questo modo accompagniamo il processo di trasformazione tecnologica e digitale che passa dalla connessione interna ed esterna alla fabbrica di più elementi, di più macchinari, del macchinario col sistema gestionale e così via”.

Il Piano poi incentiva col credito d’imposta le spese in Ricerca e Sviluppo…

“Sono fondamentali. Abbiamo recuperato una misura che aveva dato ottimi risultati, prorogandola fino al 2020 e potenziandola, portando al 50% l’aliquota del credito d’imposta per tutte le tipologie di spesa incrementali rispetto alla media base del periodo 2012-2014. La logica resta incrementale per far aumentare le spese di R&S e perché così per le imprese che in passato hanno investito poco o che addirittura non hanno investito, perché sono startup o attive da pochi anni, quella media sostanzialmente è nulla e quindi da una logica incrementale si passa di fatto a una logica volumetrica. È probabilmente lo strumento più appetibile in Europa su R&S”.

Come creare, invece, nuove competenze?

“Il passaggio da un paradigma tradizionale al 4.0 comporta una serie di modifiche impattanti su vari aspetti della gestione dell’impresa, dall’organizzazione al cambiamento del modello di business, e il lato delle competenze è fondamentale, perché probabilmente in Italia non abbiamo tutte quelle necessarie per governare un processo di questo tipo. Vogliamo colmare questa lacuna a tutti i livelli, con alternanza scuola lavoro, raddoppio degli studenti negli istituti tecnici superiori, programmi mirati di formazione professionale e di dottorato e formazione a livello aziendale”.

Al di là degli incentivi, che supporto avranno le aziende nel percorso di innovazione?

“Poiché è una rivoluzione anche culturale, siamo partiti con la comunicazione, inviando il piano a tutte le imprese e ricevendo risposte significative in termini di curiosità e interesse. Ora però il passaggio più importante è costruire strutture diffuse a livello territoriale, i cosiddetti Digital Innovation Hub, alle quali le imprese potranno rivolgersi per affacciarsi sul mondo del 4.0, capendo qual è il loro stato di avanzamento tecnologico e su quali elementi puntare per migliorare. A queste strutture di prossimità, affiancheremo pochi e selezionati Competence Center nazionali, agevolati anche da risorse pubbliche, che offriranno servizi avanzati per accompagnare le imprese nell’innovazione”.

L’industria 4.0 si porta dietro l’incognita delle sue ricadute occupazionali. I nuovi robot bruceranno posti di lavoro? 

“È un punto cruciale, ma può essere visto da varie sfaccettature. Non ci sono ricerche accademiche solide in grado di dire se ci sarà un vantaggio o uno svantaggio, ma non credo che sia questo il punto. Chiediamoci cosa accadrebbe se le imprese non innovassero. In Italia abbiamo tanti casi, come quello degli elettrodomestici bianchi marchigiani: per anni non hanno innovato e così un settore che era leader in Europa è stato spazzato via. Inoltre, se da un lato l’innovazione farà perdere determinate competenze, dall’altro ne creerà altre, nuove e necessarie. La trasformazione 4.0 non implica un effetto di sostituzione macchine-uomo, ma richiede un’integrazione della macchina con l’uomo. Non possiamo dire quale sarà l’effetto, ma certamente non sarà così negativo come qualcuno paventa”.

Equipeoline.it

GUIDA AL PIANO INDUSTRIA 4.0 (dal sito del Ministero dello Sviluppo Economico)