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"Più tutele per la maternità delle lavoratrici autonome"
Intervista ad Anna Soru, presidente di Acta. "Sleghiamo il welfare dalla tipologia di lavoro"
28 marzo 2017
“Indennità di maternità, congedi parentali e altre misure cambiano tra lavoratrici dipendenti e autonome. Abbiamo ancora un welfare assicurativo e differenziato in base alla tipologia di contratto, questo crea anche buchi nella copertura. Se una lavoratrice subordinata diventa autonoma e va in gravidanza, non ha più le tutele da dipendente, né ha maturato ancora quelle da autonoma”.
 
È una delle criticità sulle quali Anna Soru, presidente dell’associazione dei freelance Acta, ha puntato il dito il 27 marzo, partecipando a un tavolo tecnico su “Natalità, economia, giovani e lavoro” organizzato a Roma dal progetto Equipe2020 di Anpal Servizi. L’inizio di un percorso di discussione su come rilanciare la natalità in Italia, anche attraverso nuove regole e nuovi strumenti che accompagnino chi fa figli e permettano di conciliare meglio vita e lavoro. 
 
Soru, intanto, vede avvicinarsi un traguardo importante. Dopo le modifiche approvate alla Camera, il disegno di legge sul lavoro autonomo non imprenditoriale, che parla anche di maternità e conciliazione, è tornato in Senato, per quello che dovrebbe essere un ultimo miglio senza sorprese. “C’è ancora molto da fare, ma il nostro giudizio è complessivamente positivo. Ora speriamo in un’approvazione rapida, senza ulteriori rimpalli” ha detto la presidente di Acta a Equipeonline.it, ricordando le misure più importanti contenute nel ddl. 
 
“Il cambiamento c’è ed è grande. Con questa legge anche noi autonomi entreremo nel diritto del lavoro, che è sempre stato solo diritto del lavoro dipendente. Ci entreremo senza distinzione tra chi è iscritto a un ordine e chi no o tra finte e vere partite iva e senza focalizzazioni sulla dipendenza economica da un singolo cliente. Dentro c’è tutto il lavoro autonomo professionale, che finora quasi non era considerato lavoro”.
 
Come cambiano diritti e tutele?
 “C’è un allargamento, anche se quello sui diritti è forse più teorico che pratico. La legge sui tempi di pagamento esisteva già, viene solo ribadita, mentre le norme sulle clausole vessatorie sono nuove e interessanti, ma in entrambi i casi si pone il problema dell’effettiva applicabilità, perché dal ddl è stato cancellato il rinvio al rito del lavoro. Speriamo che si intervenga successivamente, Acta avvierà cause pilota per arrivare al risarcimento del danno e scoraggiare certi comportamenti delle aziende”. 
 
Cosa prevede il ddl per la maternità? 
“Innanzitutto sarà possibile accedere all’indennità di maternità senza essere obbligate ad astenersi dal lavoro. Noi lo chiedevamo sin da quando l’indennità era stata introdotta, anche perché altrimenti non aveva senso e non funzionava: tante rinunciavano, oppure, se potevano fatturare dopo, aggiravano l’obbligo di astensione. Inoltre sono stati allungati i congedi parentali, portandoli a sei mesi totali tra padre e madre, ma resta comunque uno squilibrio rispetto ai dipendenti e anche tra coppie composte solo da freelance o da un freelance e un dipendente”.
 
Ci sono novità sul fronte fiscale? 
“Sono importanti la deduzione totale delle spese di formazione e la migliore gestione delle spese per i viaggi, perché i vincoli che c’erano prima non erano adeguati. Siamo però solo all’inizio di un percorso, è necessario un ripensamento generale, a partire dall’equiparazione della no tax area: non è possibile che per un dipendente il tetto sia a 8 mila euro e per un autonomo a 4 mila 800 euro”. 
 
Bastano nuove norme o serve anche un nuovo approccio culturale al lavoro autonomo?
“Un cambiamento c’è già stato. Quando Acta è nata passavamo per finti dipendenti o per evasori fiscali, non si accettava l’idea che potessero esserci forme di lavoro che non erano né lavoro dipendente né impresa. La sovrapposizione con le imprese però pesa ancora, ad esempio nel divieto di definire le tariffe, come se due consulenti avessero davvero la forza di creare un monopolio. Se siamo anche noi lavoratori, dobbiamo poter contrastare questo abbassamento dei compensi a livelli non più dignitosi”.
 
I freelance stanno aprendo la strada a nuove professioni, che poi ritroviamo anche nelle aziende. Il confine tra lavoro autonomo e dipendente diventa più labile…
“C’è ormai fluidità, può essere freelance anche qualcuno che è inquadrato come subordinato. Tanti preferiscono farsi intermediare per poter avere il welfare del lavoro dipendente e per potersi svincolare dalla gestione della contabilità o del pagamento da parte del cliente. Tecnicamente sono inquadrati in un rapporto dipendente, ma in realtà sono loro a cercarsi il lavoro e quindi a nostro parere sono comunque freelance. Anche per questo dobbiamo superare un welfare così diverso tra dipendenti e autonomi e così a compartimenti stagni”. 
 
Come?
“Slegandolo dalla tipologia di lavoro. Se si stabilisce il diritto all’indennità di maternità o di malattia, deve valere indipendentemente da ciò che si fa in quel momento, anche perché i cambiamenti, e quindi i potenziali “buchi”, sono sempre più frequenti. È il welfare, quindi, che deve cambiare e adeguarsi, legandosi al lavoratore e non al posto di lavoro, ma questo comporta un cambiamento anche per il mondo sindacale. Una battaglia ancora lunga”. 
 
Equipeonline.it