Ottimizzare un piano esistente

Contesto e domande frequenti

Negli anni più recenti il welfare erogato dalle aziende si è trasformato sensibilmente nei modi, nei contenuti e nell’entità dell’offerta. Questo è dovuto certamente a un cambiamento di approccio delle imprese nel rapporto con il personale e agli interventi normativi che hanno reso il welfare aziendale più accessibile e vantaggioso. Ciò non significa, tuttavia, che non vi sia la necessità di consolidare, aggiornare, innovare i piani di welfare delle aziende che già offrono tali benefici ai propri dipendenti. Perché tutto questo? Anzitutto per il fatto che il welfare, come ogni altro aspetto della vita aziendale e della prestazione di lavoro, va armonizzato con i cambiamenti del contesto (le caratteristiche della forza lavoro, lo sviluppo dell’azienda, la cornice dei servizi offerti dal territorio, e così via. Ma perché cambiare se “nessuno si lamenta”? Prima che si manifesti una situazione di critica aperta o disaffezione verso l’offerta di welfare aziendale, bisogna rilanciare il piano e condividerlo, in modo da verificare l’uso reale dei beni e aumentarne la percezione di benessere/vantaggio che nei dipendenti potrebbe affievolirsi con il tempo.

Quali problemi può risolvere

L’ottimizzazione e l’ampliamento di un piano esistente può, attraverso un’attenta analisi dei costi e dei bisogni, migliorare l’allocazione delle risorse che vi sono destinate. Adattare il piano di welfare ai bisogni della popolazione aziendale può avere un effetto motivazionale sui lavoratori, in particolare quando si lega a obiettivi di miglioramento della produzione e dell’organizzazione del lavoro. Il miglioramento dell’offerta di welfare può essere anche un volano per iniziative di coinvolgimento dei dipendenti. L’utilizzo di questionari diretti, focus group, gruppi di lavoro e commissioni paritetiche, sensibilizzano i lavoratori verso esperienze di “partecipazione diretta”. Il coinvolgimento dei lavoratori e delle rappresentanze sindacali può favorire un clima di maggiore fiducia e una palestra per un confronto sui contenuti non solamente negoziale ma propositivo e tecnico,. Il miglioramento del piano di welfare può anche concentrarsi sulla qualità del “prodotto welfare”, e cioè sulla ricerca costante di fornitori di qualità, servizi mirati e personalizzati, condizioni di miglior favore per i lavoratori beneficiari.

Che cos’è

L’ottimizzazione di un piano di welfare si realizza con il miglioramento di efficacia, efficienza e appropriatezza del piano stesso, in tutti gli aspetti relativi alla sua realizzazione diretta e agli effetti indiretti (gestione economica e riduzione degli sprechi, qualità di ciò che viene offerto, soddisfazione dei dipendenti e valorizzazione dei bisogni, etc.).

Le condizioni del cambiamento

La condizione essenziale per il miglioramento di un piano di welfare risiede nella disponibilità aziendale a un committment a 360 gradi verso i lavoratori. Analogamente, è fondamentale la disponibilità dei dipendenti a partecipare al processo di cambiamento e dei sindacati a considerare il welfare come parte della propria missione di tutela dei lavoratori. A queste condizioni soggettive se ne aggiungono altre, oggettive: una programmazione di medio e lungo termine del sistema di welfare aziendale, dopo una fase più aperta di sperimentazione.

Le fasi per l’attivazione della misura

L’ottimizzazione del piano deve prevedere fasi e passaggi ben articolati, basati su coinvolgimento e comunicazione tra le parti e un’alta dose di approfondimenti tecnici e operativi. In linea generale, si devono prevedere i seguenti passaggi:

  1. Monitoraggio e valutazione dell’esistente, da realizzare attraverso strumenti di analisi e rilevazione come: questionario di clima, gradimento dei benefit esistenti e delle modalità di erogazione, colloqui individuali o collettivi con i dipendenti, incontri con le rappresentanze sindacali, etc
  2. Ri-orientamento del piano rispetto a forme, contenuti e nuovi bisogni emergenti
  3. “Libera scelta” dei lavoratori e lavoratrici: sia all’interno di un ampio e diversificato paniere di beni e servizi, sia nell’esercitare l’opzione tra salario e welfare nel caso di premio di risultato.
  4. Flessibilità e duttilità del piano, anche attraverso un “conto welfare” che possa prevedere meccanismi di riporto all’anno successivo degli eventuali avanzi individuali.
  5. Qualità del piano: mediante una selezione attenta dei fornitori (criteri sociali, “km zero”, certificazioni, etc.), specie nel caso si utilizzino “titoli” (voucher) o convenzioni con provider esterni.
  6. Eventuale integrazione delle misure di welfare aziendale in senso stretto con altri aspetti della prestazione lavorativa (orario, congedi, permessi, etc.).
  7. Armonizzazione tra i diversi “pilastri” del welfare in azienda, cercando di rendere complementare il welfare negoziato in azienda con quello offerto unilateralmente dalle imprese, ed evitando sovrapposizioni con quello di origine contrattuale e bilaterale.
  8. Stabilizzazione del piano, anche attraverso la sua formalizzazione nelle modalità più opportune: dall’inserimento del welfare in programmi o regolamenti aziendali, o nella sua contrattualizzazione attraverso gli accordi integrativi aziendali o sulla detassazione del premio di risultato.

Altre risorse

Tribe Communication

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