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Natalità, economia, giovani e lavoro
Le proposte di EQuIPE 2020 per sostenere la genitorialità, la crescita e il work-life balance
26 July 2017

"Perché, se tutti concordano sulla gravità e straordinarietà del fenomeno bassa natalità e il legame con la crescita e lo sviluppo del Paese, non è stato ancora promosso un programma di interventi stabile, nazionale, di ampio respiro"?

È la domanda che apre "Natalità, economia, giovani e lavoro", contributo del progetto EQuIPE 2020 a un percorso di discussione avviato lo scorso marzo in un tavolo tecnico tra istituzioni, parti sociali, associazioni, tecnici e studiosi. “L’obiettivo – si spiega nel documento - è una proposta di interventi di politiche del lavoro integrate con misure che consentano di sostenere la natalità e i progetti di genitorialità di giovani e donne, da promuovere a livello nazionale o territoriale”.

Si parte dai dati che fotografano come in Italia, per la prima volta dal secondo dopoguerra, si assiste a un calo della popolazione residente, con nuove nascite e immigrazione non più in grado di bilanciare i decessi. Nel 2015 questo ha portato a un saldo negativo di 139 mila residenti, come se nel giro di un anno fosse stata spazzata via, insieme ai suoi abitanti, una città grande come Salerno o Ferrara.

Nel giro di un trentennio il numero medio di figli per donna in Italia si è più che dimezzato (da 2,65 nel 1964 a 1,19 nel 1995) e, dopo un timido accenno di ripresa, ha ricominciato a scendere, attestandosi a 1,35 nel 2015, comunque ben al di sotto della “soglia di sostituzione” di 2,1 figli per donna. Siamo tra i meno fecondi d’Europa, ma con una specificità negativa in più: altrove questo declino ha accompagnato un massiccio ingresso delle donne nel mondo del lavoro, in Italia la bassa fecondità si somma alla bassa occupazione femminile.

“La specificità del nostro Paese – sottolinea il documento - sta nel fatto che la partecipazione delle donne al lavoro continua a essere influenzata dal ruolo familiare ricoperto molto più di quanto avvenga per gli uomini, e molto più di quanto non avvenga per le donne degli altri Paesi Europei”. Pesano l’insufficienza delle politiche di conciliazione tra lavoro e famiglia e un modello, anche culturale, che specializza i ruoli: agli uomini quello di lavorare, alle donne quello di curare e assistere figli e altri familiari.

Questo accade mentre l’offerta di servizi sostituivi del lavoro di cura in Italia continua a essere largamente insufficiente. L’unica via di conciliazione, per le madri lavoratrici, diventa spesso l’orario ridotto: il part time è molto più diffuso tra le neo madri rispetto alla media della donne occupate, mentre si fanno strada anche telelavoro e lavoro agile, strumenti di flessibilità che possono aiutare entrambi i genitori a gestire meglio il proprio tempo e le proprie responsabilità familiari e professionali.

In Italia, la distribuzione del lavoro familiare nella coppia continua a essere sbilanciata sulle spalle delle donne. Qualcosa, però, sta cambiando, con un incremento della partecipazione maschile e una contestuale, anche se non corrispondente, diminuzione del carico femminile. Un segnale da tenere presente nella definizione di nuove policy.

Oltre ai dati, ci sono fenomeni e orientamenti teoretici ai quali fare riferimento per disegnare possibili interventi. I diciottenni italiani, per esempio, si immaginano genitori non prima dei 35 anni, non per mancanza di volontà, ma perché sono convinti che non potrebbero ricoprire quel ruolo prima, in un mercato di lavoro fortemente dinamico e in una situazione economica instabile. È un’ulteriore conferma della necessità di misure che sostengano la genitorialità delle nuove generazioni anche nella lunga fase di passaggio tra istruzione e lavoro.

Tra gli occhiali da indossare, suggerisce EQuIPE 2020, ci sono quelli della womenomics: la partecipazione al lavoro delle donne produce un effetto moltiplicatore e una crescita del PIL per una quota più che proporzionale. Gli interventi per la natalità devono quindi essere inquadrati nell’ottica “laica” dello sviluppo, con misure che favoriscano la natalità senza precludere la partecipazione al lavoro.

Bisogna poi tener presente che situazioni ed esigenze non sono tutte uguali, con differenze tra famiglie, tra contratti più o meno stabili e situazioni più o meno tutelate, tra zone geografiche e nella gestione del periodo della maternità e su come condividerlo col partner. Non esistono, insomma, formule valide per tutti, l’offerta deve essere variegata e fondata sulla libera scelta.

 In “Natalità, economia, giovani e lavoro”, EQuIPE 2020 lancia una serie di proposte, illustrate nel dettaglio all’interno del documento:

  • Sperimentare il “sistema di aiuti e di tutele” in capo al bambino, come principale beneficiario della misura;
  • Individuare un sistema differenziato di misure attraverso un meccanismo di dote che possa rispondere a scelte di gestione della genitorialità di tipo diverso;
  • Promuovere misure di sostegno della genitorialità coerenti con le diverse tipologie di contesti professionali e situazioni contrattuali;
  • Sostenere l’adozione di misure di innovazione organizzativa presso le aziende per favorire il trade-off tra esigenze di produttività/flessibilità e tutele per i padri e le madri;
  • Adottare misure differenziate tra le grandi e medie aziende da quelle piccole e anche nei diversi settori produttivi;
  • Sostenere i giovani nel desiderio di genitorialità nel lungo percorso di transizione dall’istruzione/formazione all’inserimento e re-inserimento lavorativo con misure di supporto diretto e differenziato;
  • Puntare su misure rivolte a uomini giovani qualificati.

“Si tratta solo di esempi – sottolinea EQuIPE 2020 - che hanno l’obiettivo di mostrare come, seguendo alcuni approcci e indicazioni guida, si possono immaginare misure e interventi di tipo nuovo”. Eventualmente, “potranno essere sperimentati in piccola scala, ma potrebbero anche diventare delle proposte di provvedimenti nazionali da consolidare in futuro".

Qualcosa, fortunatamente, già si muove. Il documento passa infatti rassegna tutti gli interventi e le misure realizzate negli ultimi anni a sostegno della genitorialità, dalla riforma dei congedi parentali ai bonus bebè, dai voucher per asili nido e babysitter alle recenti norme sullo smart working, fino agli interventi in materia di welfare aziendale.

Questo è il solco nel quale inserirsi, il punto di partenza di un viaggio lungo, ma necessario. La posta in gioco è alta: "Garantire la libera scelta degli uomini e delle donne nel gestire la genitorialità, sostenerli nelle loro scelte e nei loro desideri, assicurare le adeguate tutele per chi ne ha bisogno e nello stesso tempo favorire le aziende a trovare soluzioni capaci di alimentare la crescita e l’innovazione senza compromettere l’equilibrio vita lavoro".

Equipeonline.it

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Natalità, economia, giovani e lavoro
Documento di base. Contributo per un Piano di misure sulla natalità, collegato alla crescita dell’economia, della creatività e del lavoro, che valorizzi il crescente desiderio di paternità dei giovani uomini e una gestione equa dei carichi di cura famigliare