Riposi giornalieri

Finalità e disciplina

Sin dagli anni '50, la legislazione nazionale tutelava il rapporto tra madre e bambino nella delicata fase dell'allattamento, garantendo alle donne lavoratrici la possibilità di usufruire di due riposi giornalieri purchè allattassero direttamente i propri bambini. Con il passare del tempo e l'evoluzione culturale, il diritto ai riposi giornalieri ha assunto la funzione di soddisfare i bisogni più ampi del bambino, non strettamente biologici, ma anche affettivi e relazionali, essendo riconosciuto anche in mancanza di allattamento diretto e in caso di adozione o affidamento.

Il quadro normativo attuale prevede che il datore di lavoro deve consentire alle lavoratrici madri, nel corso del primo anno di vita del bambino, 2 periodi di riposo della durata di 1 ora ciascuno durante la giornata lavorativa. Le 2 ore di riposo sono cumulabili e sono considerate lavorative a tutti gli effetti. Nel caso in cui l'orario lavorativo sia inferiore alle 6 ore la madre lavoratrice ha diritto ad 1 ora di riposo anziché 2 (art. 39 T.U.). Le ore di riposo possono essere liberamente combinate dalla lavoratrice:

  1. cumulate all'inizio della giornata lavorativa iniziando la prestazione 2 ore dopo l'orario previsto;
  2. cumulate alla fine della giornata lavorativa terminando 2 ore in anticipo la giornata lavorativa;
  3. utilizzando 1 ora all'inizio e 1 ora alla fine della giornata lavorativa;
  4. utilizzando le 2 ore unite o separate nell'arco della giornata lavorativa.

Durante i riposi giornalieri la madre ha diritto ad uscire dall'azienda e nel caso in cui fruisca dell'asilo nido o altri servizi per l'infanzia istituiti dal datore di lavoro presso l'unità produttiva o nelle immediate vicinanze, i riposi sono ridotti a mezz'ora ciascuno (art. 39, comma 3 T.U.). L'INPS precisa che la madre può usufruire dei riposi giornalieri anche contemporaneamente al congedo parentale del padre (Circ. INPS 8/2003).

Nella distribuzione dei riposi durante l'orario di lavoro, la flessibilità ammessa dalla legge deve essere coniugata con le esigenze del servizio. I riposi devono essere fissati tassativamente in base ad un accordo col datore di lavoro volto a contemperare le esigenze del regime biologico del bambino e quelle della produzione. In caso di mancato accordo, la distribuzione dei riposi e determinata dal Servizio Ispezione del Lavoro della Direzione Provinciale competente per territorio (art. 10, D.P.R. 1026/1976).

Con riferimento al calcolo delle ore di riposo spettanti alla madre, in passato si poneva in dubbio che queste potessero essere pienamente fruite nei casi di eventi particolari che riducessero l'orario ordinario di lavoro, per esempio in caso di sciopero. Al riguardo, la giurisprudenza ha precisato che i riposi giornalieri, una volta fissati e concordati tra lavoratrice e datore di lavoro, non possono essere spostati o soppressi a seguito di occasionali riduzioni dell'orario di lavoro (Circ. INPS 48/1989). Pertanto, lo sciopero effettuato dalla madre in ore diverse da quelle stabilite per i riposi, non limita quantitativamente il diritto della lavoratrice. Il diritto al riposo invece viene meno quando le ore di riposo coincidano con quelle di sciopero. La legge prevede inoltre che in caso di parto plurimo le ore di riposo siano raddoppiate (per una sola volta e non per ogni gemello) e in questo caso il padre può fruire delle ore aggiuntive (art. 41 T.U.).

Le disposizioni degli articoli 3940 e 41 si applicano anche ai genitori adottivi ed affidatari entro il primo anno dall'ingresso del minore in famiglia (art. 42, comma 1 T.U.).

Riposi giornalieri del padre

In relazione alla fruizione paterna dei riposi giornalieri, dopo la pronuncia della Corte Costituzionale (C.Cost. 1/1987) che riconosceva al padre il diritto ai riposi nei casi di impossibilità della madre per decesso o infermità, il legislatore è intervenuto riconoscendo al padre un diritto più ampio. In particolare, si prevede che il diritto ai riposi giornalieri sia fruibile dal padre in alternativa alla madre (art. 40 T.U.):

  1. nel caso in cui i figli siano affidati al solo padre;
  2. in alternativa alla madre lavoratrice dipendente che non se ne avvalga;
  3. nel caso in cui la madre non sia lavoratrice dipendente;
  4. in caso di morte o di grave infermità della madre.

In relazione al diritto del padre quando la madre non sia lavoratrice dipendente, l'orientamento attuale (che segue il nuovo orientamento espresso dal Consiglio di Stato condecisione n. 4293/2008) lo riconosce anche quando la madre sia casalinga (Circ. INPS 112/2009 118/2009).

Legislazione nazionale

  • D.Lgs. 26 marzo 2001, n. 151, Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, a norma dell'articolo 15 della legge 8 marzo 2000, n. 53. Riorganizza, unifica e semplifica la normativa in materia di tutela della maternità e paternità.
  • D.P.R. 25 novembre 1976, n. 1026, Regolamento di esecuzione della legge 30 dicembre 1971, n. 1204, sulla tutela delle lavoratrici madri. Pone una disciplina dettagliata delle condizioni di lavoro a tutela della salute delle lavoratrici madri.

Giurisprudenza

  • Corte Costituzionale, sentenza n. 1/1987. La corte precisa che la funzione dell'astensione obbligatoria dal lavoro (nei primi tre mesi di vita del bambino) e dei riposi giornalieri (entro l'anno dal parto) non si esaurisce nella tutela della salute della madre, ma va ricondotta anche (o, nei casi di adozione e di affidamento preadottivo, esclusivamente) alle esigenze di tutela del minore, al quale deve essere assicurata, nell'ambito della famiglia, quell'assistenza materiale ed affettiva che è indispensabile per lo sviluppo della sua personalità, e che anche il padre è idoneo a prestare. Non v'è, perciò, ragione di negare al padre lavoratore il diritto di avvalersi dei suddetti benefici nel caso in cui manchi ogni possibilità di assistenza all'infante da parte della madre (lavoratrice o meno).
  • Consiglio di Stato, decisione n. 4293/2008. La sesta sezione del Consiglio di Stato, confermando una precedente decisione del TAR della Toscana, ha affermato che, ai sensi del T.U. D.Lgs. 151/2001 i permessi per allattamento fino ad un anno di età del bambino, spettano anche al lavoratore nel caso in cui la moglie sia impegnata come casalinga. Il Consiglio afferma che premesso che il padre, salvo sia affidatario esclusivo, può beneficiare dei congedi solo se la madre sia lavoratrice, e non intenda avvalersi dei congedi o non sia lavoratrice dipendente, correttamente il TAR ha ritenuto che l'espressione possa dirsi comprensiva della lavoratrice casalinga. La nozione di lavoratore cui deve farsi riferimento è quella pubblicistica, e in questa rientra la figura della casalinga. L'interpretazione valorizza la ratio della norma, volta a beneficiare il padre di permessi per la cura del figlio allorquando la madre non ne abbia diritto in quanto lavoratrice non dipendente e pur tuttavia impegnata in attività che la distolgano dalla cura del neonato.

Circolari e note 

  • Circolare INPS n. 118/2009. L'istituto fornisce chiarimenti in seguito alla decisione del Consiglio di Stato 4293/2008: il diritto ai riposi giornalieri spettano al lavoratore dipendente anche nel caso in cui la madre del bambino sia casalinga e indipendentemente da situazioni di comprovata oggettiva impossibilità di occuparsi del neonato.
  • Circolare INPS n. 112/2009. A seguito della decisione del Consiglio di Stato 4293/2008, l'Istituto subordinava il diritto del padre lavoratore dipendente ai riposi giornalieri al caso in cui la madre casalinga si trovasse nell’oggettiva impossibilità di accudire la prole perché impegnata in altre attività.
  • Circolare INPS n. 8/2003. L'Istituto fornisce chiarimenti in relazione alle prestazioni economiche di maternità di cui al D.Lgs.151/2001.
  • Circolare INPS n. 48/1989. L'Istituto fornisce chiarimenti in relazione alla fruizione del diritto ai riposi giornalieri in occasione di scioperi o altri eventi che comportino l'assenza dal lavoro per tutto o parte dell'orario di lavoro.