Orario flessibile individuale

Cosa è

La flessibilità individuale legata agli orari di lavoro permette al singolo lavoratore di variare la presenza in azienda attraverso regole predefinite, su base giornaliera, settimanale, mensile o annuale. Le modalità più diffuse attraverso cui viene realizzata concretamente tale forma di flessibilità oraria sono:

  • l’ingresso e uscita giornaliera dall’azienda entro fasce predeterminate, lasciando comunque un ampio margine di scelta al singolo lavoratore, allo scopo di consentire una migliore conciliazione con gli impegni familiari (ad esempio, per accompagnare e/o riprendere i figli a scuola);
  • la determinazione dell’orario di compresenza, stabilendo solamente alcune fasce di compresenza obbligatoria dei lavoratori. Fermo restando il monte ore giornaliero, il singolo ha la possibilità di definire in autonomia l’orario di ingresso e di uscita. Tale modalità si differenzia dalla precedente in quanto ruota attorno alla centralità di alcune specifiche esigenze aziendali, lasciando contemporaneamente ampio spazio di scelta al lavoratore. Vengono stabilite determinate fasce di compresenza lungo l’arco della giornata, legate a specificità funzionali, commerciali, produttive od organizzative, e quindi più o meno ampie e numerose a seconda delle esigenze aziendali. Può essere indicata una fascia obbligatoria solo in una parte della giornata (ad esempio, tra le 9.00 e le 12.00), oppure possono essere indicate più fasce obbligatorie di compresenza (ad esempio, tra le 10.00 e le 12.00, e tra le 14.00 e le 16.00, ecc.);
  • la determinazione degli orari individuali di presenza: definendo  fasce orarie su cui il lavoratore garantisce la propria presenza a fronte di esigenze aziendali specifiche, viene lasciata maggiore autonomia di entrata ed uscita nel resto della giornata (può essere, ad esempio, il caso di alcuni ruoli commerciali che interagiscono con clienti di Paesi esteri, in cui è essenziale la presenza in azienda  solo in alcune fasce orarie); 
  • la flessibilità legata alla pausa pranzo:offrendo al  lavoratore la possibilità di gestire in autonomia il tempo previsto per tale momento di sospensione giornaliera dal lavoro, ad esempio: contraendolo allo scopo di recuperare tempo disponibile in ingresso o in uscita, oppure sfruttandolo  in un momento della giornata lavorativa alternativo. (ad esempio: a metà mattinata o durante il pomeriggio, per svolgere commissioni, recuperare i figli all’uscita da scuola, ecc.);
  • la gestione autonoma degli orari di lavoro: offrendo a un gruppo di lavoratori la possibilità di gestire flessibilmente e autonomamente l’orario di ogni singolo membro e garantendo tuttavia una presenza minima predefinita di risorse umane e uno specifico livello di servizio;
  • la compressione dell’orario lavorativo: lasciando la possibilità di lavorare maggiormente in alcuni periodi (ad esempio, quando sono più pressanti le richieste di mercato) allo scopo di beneficiare di ore o giorni di tempo da dedicare agli impegni familiari in altri periodi; tale modalità di attuazione della flessibilità dell’orario lavorativo può riferirsi:
    • a giorni, se organizzata su base settimanale,
    • a settimane, se organizzata su base mensile,
    • a mesi, se organizzata su base annuale.

Quando è utile

Favorisce un migliore work-life balance, ferme restando le necessità organizzative e produttive aziendali. Queste soluzioni, oltre a stabilire una maggiore libertà psicologica e materiale rispetto ai tempi del lavoro, sono molto utili per limitare il ricorso allo straordinario, ridurre l’assenteismo ed innalzare la produttività.

Come si fa

In termini generali, possono essere identificati i seguenti passi operativi:

  1. Indagine conoscitiva interna all’azienda e con il coinvolgimento delle rappresentanze sindacali, volta ad identificare le principali esigenze di conciliazione legate agli orari di lavoro.
  2. Analisi degli eventuali vincoli organizzativi/produttivi che possono circoscrivere il campo delle opzioni applicabili al contesto aziendale.
  3. Scelta delle soluzioni in relazione alle esigenze di work-life balance, dei vincoli organizzativi, delle tipologie di lavoratori potenzialmente interessati, valutando i possibili rischi legati a squilibri produttivi/organizzativi.
  4. Pianificazione delle attività e valutazione dell’opportunità di agire gradualmente (ad esempio, decidendo di sperimentare la modalità di flessibilità prescelta su un’area funzionale, un gruppo di lavoro, ecc.).
  5. Informativa/accordo con i rappresentanti dei lavoratori.
  6. Pianificazione di un sistema di informazione/comunicazione chiaro e trasparente relativo al piano prescelto da attuare (eventualmente, redigere un “regolamento della flessibilità”, da condividere con i lavoratori).
  7. Predisposizione di un sistema di monitoraggio dei risultati (soddisfazione dei lavoratori, valutazione degli impatti sull’organizzazione del lavoro, sulla qualità del lavoro, ecc.).
  8. Revisione periodica del sistema flessibile di orario adottato, al fine di verificare la corrispondenza tra opzioni adottate ed equilibri organizzativi raggiunti.

Quanto costa

I costi sono riferibili al maggiore impegno richiesto all’ufficio personale e ai responsabili delle diverse funzioni aziendali per gestire e coordinare la variabilità degli orari individuali di lavoro. In generale, questi strumenti rappresentano tuttavia una pratica di flessibilità a basso costo.

Vantaggi

Per l’azienda

  • Contrasta e riduce turnover e assenteismo perché aumenta la soddisfazione e la fidelizzazione dei/delle dipendenti; nel caso di una presenza forte di manodopera femminile i vantaggi possono addirittura eccedere i costi della conciliazione.
  • Migliora l’immagine dell’azienda, proponendola come un’azienda socialmente responsabile.
  • Innalza la produttività complessiva dell’impresa.
  • Attutisce i conflitti interni.
  • Aumenta la sicurezza, migliorando la qualità del lavoro.

Per i beneficiari

  • Risentono in misura minore dell’interferenza del lavoro sulla loro famiglia, migliorando la qualità di vita. 
  • Sono più soddisfatti e quindi maggiormente motivati a produrre. 
  • Possiedono maggiore autonomia e controllo nella gestione del proprio lavoro. 
  • Risentono in misura minore dello stress lavorativo.

Rischi e punti di attenzione

Le diverse modalità di realizzazione possono trovare applicazione in un’ampia varietà di casi, anche se con alcune limitazioni rispetto ad alcune tipologie di funzioni aziendali. Ad esempio:

  • la gestione autonoma degli orari di lavoro si fonda su alcuni presupposti: i) l’organizzazione del lavoro a gruppi ( non sempre realizzabile nell’ambito di alcuni settori produttivi o di alcune funzioni aziendali); ii) una elevata responsabilizzazione dei singoli membri e del gruppo di lavoro rispetto agli obiettivi di lavoro e alla qualità delle prestazioni collettivamente realizzate, iii) una cultura manageriale orientata alla valutazione per obiettivi, piuttosto che alla presenza sul luogo di lavoro;
  • l’orario flessibile individuale in ingresso ed in uscita è un istituto frequentemente presente nella pratica aziendale: si tratta, infatti, di uno strumento di flessibilità molto diffuso sia tra le grandi imprese, sia tra quelle di piccole dimensioni. Tuttavia, pur essendo praticabile in tutti i settori, risulta meno agevole quando il lavoro è organizzato su turni; 
  • per poter conseguire una significativa azione di miglioramento del work-life balance dei singoli lavoratori, dovrebbero essere identificati margini ampi di variabilità (una flessibilità di pochi minuti non può essere considerata incisiva rispetto alla risoluzione quotidiana dei problemi di conciliazione lavoro-famiglia, se non in rari casi); 
  • nel caso della determinazione dell’orario di compresenza, può talvolta essere necessario intervenire sulla progettazione dei ruoli e sul coordinamento delle attività lavorative, in modo tale che non si creino nei flussi di lavoro battute d’arresto o “intoppi” organizzativi;
  • è necessario che sia effettivamente il lavoratore ad avere la possibilità di scelta, individuando il giusto equilibrio tra autonomia e gerarchia, onde evitare quegli squilibri che rischierebbero di peggiorare la condizione di lavoro rispetto alla situazione ad orari fissi.

Alcuni esempi

 

In una impresa di consulenza e ricerca del Nord Italia si adotta un orario flessibile a livello giornaliero, per facilitare gli impegni familiari o di studio. I consulenti e i ricercatori possono scegliere la loro fascia oraria di lavoro ordinaria nelle ore comprese tra le 9.00 e le 20.00. L’orario è concordato e può essere modificato in relazione alle esigenze aziendali (picchi di lavoro, necessità di lavoro in team) e dei lavoratori (crescita dei figli, impegni scolastici con orari diversi).
Gli impiegati di una multinazionale metalmeccanica del Nord d’Italia da molti anni hanno conseguito la possibilità di entrare dalle 8 alle 9 di mattino ed uscire tra le 17 e le 18 del pomeriggio, dopo otto ore di lavoro. I più recenti accordi aziendali tuttavia, hanno allargato la possibilità di variazione dell’orario, prevedendo solamente l’obbligo di presenza contemporanea in alcune fasce orarie (dalle 10 alle 12 e dalle 14 alle 16). Le concrete variazioni degli orari rilevate in sede di valutazione dei risultati, nel tempo, sono limitate: generalmente i lavoratori hanno stabilizzato l’orario d’ingresso e solo eccezionalmente hanno effettuato delle variazioni (ad esempio, per particolari esigenze o inconvenienti accidentali). Alcune esperienze dove il concetto di flessibilità individuale è stato esteso, superando il vincolo delle 8 ore di presenza giornaliera: in questi casi il singolo lavoratore può variare la propria presenza sul lavoro, ad esempio, da un minimo di 6 ore a un massimo di 9, l’importante è che la presenza media, in un arco di tempo definito, sia di 8 ore.
Una piccola impresa statunitense che offre servizi socio-sanitari, gestita da 3 donne con figli, consente ai lavoratori di definire quante ore intendono lavorare nel corso della copertura del servizio, che va dalle 7 di mattina alle 7 di sera. Nel corso della giornata sono previsti 2/3 break di circa 30 minuti, durante i quali le mamme possono gestire gli impegni familiari.
Una azienda tessile del nostro paese prevede l’organizzazione dell’orario di lavoro in corrispondenza dei passaggi degli autobus da e per il centro città: ad esempio 7.00-15.00 per il primo turno e 13.00-21.00 per il secondo turno. Inoltre, il 30% del personale in azienda lavora con orari personalizzati, collegati agli orari dei nidi, delle scuole materne oppure agli orari di lavoro dei mariti con i quali di solito si crea una alternanza nella cura dei figli o dei parenti anziani.
In una cooperativa del settore della grande distribuzione sono presenti molte madri con figli piccoli, impegnate, principalmente, nell’ambito del lavoro alle casse. Con l’obiettivo di permettere ai dipendenti adibiti alla casse di lavorare quanto e quando preferiscono, mantenendo inalterata l’efficienza del servizio, è stata adottata una forma di autogestione dei turni di lavoro (“isole del tempo). Il lavoro è organizzato su 3 isole (20-25 persone), e prevede una figura di coordinamento (eletta a rotazione). La programmazione delle attività avviene su 3 settimane di lavoro, adottando un orario multiperiodale di sei mesi. Ognuno può aumentare o diminuire l’orario settimanale di 8 ore, con alcune limitazioni: l’orario giornaliero, infatti, deve prevedere un minimo di 3 ore ed un massimo di 9 (prevedendo una pausa dopo 7 ore), ed è previsto l’obbligo di almeno 3 attività di “chiusura” alla settimana.
Con l’obiettivo di migliorare la qualità del lavoro dei propri dipendenti con carichi di cura, un’azienda di servizi nel campo delle assicurazioni alcuni anni fa ha avviato un progetto sperimentale (diventato stabile a partire dal 2009). Sono state previste 32 ore di flessibilità in entrata ed in uscita a disposizione di tutti i caregivers, da prendere a singole ore ma anche a giornate (da 4 a 8 ore settimanali). Attraverso l’accordo diretto con il referente/capo-ufficio viene concordata la durata del periodo entro cui si deve andare in pareggio (generalmente un periodo lungo, tipo 6 mesi).