Dimissioni
Finalità e disciplina
La maternità è ancora oggi una fase delicatissima per la continuità dei percorsi lavorativi e delle carriere femminili. Molte lavoratrici abbandonano l'occupazione per la difficoltà di conciliare le responsabilità di cura (nel momento in cui sono più pressanti e meno delegabili) con le responsabilità derivanti dall'impegno lavorativo.
Oltre alle difficoltà di conciliare la doppia presenza, in questa fase possono manifestarsi condizioni di vera e propria discriminazione delle lavoratrici e dei lavoratori che esercitano i diritti che la legge riconosce a tutela della genitorialità. In questa speciale fase del ciclo di vita dei genitori, il Legislatore prevede delle particolari cautele nei casi di conclusione del rapporto di lavoro. In particolare, per contrastare il fenomeno delle dimissioni "in bianco", la Riforma c.d. Fornero (L. 92/2012) ha modificato la disciplina delle dimissioni, prevedendo un'apposita procedura di convalida volta a garantire la genuinità della manifestazione di volontà della madre lavoratrice o del padre lavoratore in caso di dimissioni volontarie.
Più precisamente, l’art. 4, comma 16, della Legge Fornero, ha esteso la procedura prevista per verificare la spontaneità delle dimissioni e ha allungato il periodo protettoportandolo fino al 3° anno di vita del bambino (il vecchio testo lo limitava al 1°). Il nuovoart. 55, comma 4 T.U., dispone, infatti, che la risoluzione consensuale del rapporto o la richiesta di dimissioni presentate dalla lavoratrice, durante la gravidanza, e dalla lavoratrice o dal lavoratore durante i primi 3 anni di vita del bambino (o nei primi 3 anni di accoglienza del minore adottato o in affidamento, o, in caso di adozione internazionale, nei primi tre anni decorrenti dalle comunicazioni di cui all’art. 54, comma 9), devono essere convalidate dal Servizio Ispettivo del Ministero del Lavoro competente per territorio, a pena di inefficacia della risoluzione del rapporto di lavoro.
La convalida è, oggi, espressamente prevista quale condizione sospensiva dell’efficacia della risoluzione del rapporto di lavoro. Il Ministero del Lavoro aveva già chiarito che la convalida delle dimissioni costituisce condizione essenziale di validità delle stesse, in mancanza della quale l’atto unilaterale del dipendente si deve considerare affetto da nullità assoluta ed inidoneo ad estinguere il rapporto di lavoro (Circolare Min. Lav. n. 7001/2007); di conseguenza, il rapporto rimane in essere e al dipendente vanno corrisposte tutte le retribuzioni perse fino alla riammissione in servizio (Tribunale di Milano, 12 luglio 2007). Diversamente, nel caso di convalida delle dimissioni da parte della Direzione Provinciale del Lavoro (DPL), il dipendente perde il diritto alla retribuzione fin dalla dichiarazione della volontà di recesso.
La richiesta di convalida deve essere presentata alla DPL unitamente alla copia della lettera di dimissioni presentata al datore di lavoro. La DPL competente rilascia, entro 45 giorni dalla richiesta, un provvedimento di convalida che viene inviato al lavoratore ed al datore di lavoro (DPCM 22 dicembre 2010, n. 275). A garanzia dell’effettività delle dimissioni, le DPL devono sempre procedere alla convocazione personale del dipendente per accertare, attraverso un colloquio diretto, la genuinità della volontà e la spontaneità delle dimissioni (Circolare Min. Lav. n. 7001/2007). In ogni caso, le dimissioni volontarie presentate durante il periodo in cui opera il divieto di licenziamento, ovvero entro 1 anno dalla nascita del bambino, danno diritto alle indennità previste, per il caso di licenziamento, dalla legge o da disposizioni contrattuali (vale a dire al TFR, all’indennità sostitutiva del preavviso e all’indennità di disoccupazione, previa la sussistenza dei requisiti necessari) e non obbligano all’osservanza del periodo di preavviso (art. 55, comma 1, T.U., recentemente modificato dal D.Lgs. 80/2015).
Legislazione nazionale
- D.Lgs. 15 giugno 2015, n. 80, Misure per la conciliazione delle esigenze di cura, di vita e di lavoro, in attuazione dell'articolo 1, commi 8 e 9, della legge 10 dicembre 2014, n. 183 (cd. Jobs Act). Interviene sul solco della normativa vigente ad estendere le tutele e i beneficiari delle misure previste dal Testo Unico 151/2001 (tutela e sostegno della maternità e paternità).
- Legge 92/2012, Disposizioni in materia di riforma del mercato del lavoro in una prospettiva di crescita . Fra gli altri provvedimenti, reintroduce la convalida da parte del Servizio Ispettivo del Ministero del Lavoro competente per territorio quale condizione sospensiva senza la quale non hanno efficacia le dimissioni della lavoratrice durante la gravidanza.
- DPCM 22 dicembre 2010, n. 275, Attuazione dell'articolo 2, comma 3, della legge 7 agosto 1990, n. 241, concernente i termini di conclusione dei procedimenti amministrativi di durata non superiore ai novanta giorni del Ministero del lavoro e delle politiche sociali. Il provvedimento stabilisce i termini massimi di durata (mai superiori ai 90 giorni) dei procedimenti amministrativi di competenza delle strutture del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, da osservarsi sia per i procedimenti che conseguano obbligatoriamente a iniziativa di parte, sia per quelli che debbano essere promossi d'ufficio.
- D.Lgs. 151/2001, Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, a norma dell’art. 15 della legge 8 marzo 2000, n. 53. Riorganizza, unifica e semplifica la normativa in materia di tutela della maternità e paternità.
Giurisprudenza
- Tribunale di Milano, 12 luglio 2007 (testo non disponibile). Nel caso in cui venga accertata la fittizietà delle dimissioni inoltrate, al dipendente spettano tutte le retribuzioni perse fino alla data di riammissione in servizio.
Circolari e note
- Lettera Circolare Ministero del Lavoro 4 giugno 2007, n. 7001. Chiarimenti in merito alla convalida delle dimissioni che costituisce condizione essenziale di validità delle stesse, in mancanza della quale l’atto unilaterale del dipendente si deve considerare affetto da nullità assoluta ed inidoneo ad estinguere il rapporto di lavoro.